Cecilia Bengolea Spin and
Break Free

07.06.2025

Artista, coreografa e ballerina, la cui pratica spazia tra video, scultura e performance, Cecilia Bengolea (Buenos Aires, 1979) ricorre spesso alla danza come mezzo attraverso cui stimolare empatia e incoraggiare lo scambio emotivo.

Nella sua recente ricerca condotta presso il Linificio e Canapificio Nazionale di Villa d’Almè, Bengolea collega l’epoca della Rivoluzione Industriale alla pratica delle Free Dances, danze libere ideate da coreografi noti e meno noti tra le due guerre mondiali, a cui lei spesso ricorre. Quella elaborata dall’artista argentina è una riflessione sull’alienazione contemporanea. Il risultato è una performance appositamente ideata per Pensare come una montagna e per gli spazi dell’ex roccatura dello stabilimento.

L’osservazione dei movimenti rotatori e meccanici dei macchinari impiegati nei reparti per la filatura della canapa e del lino e quelli ripetitivi del lavoro manuale svolto dagli operai, ha costituito la fonte di ispirazione per la coreografia di Spin and Break Free. In particolare, i sei giovani ballerini e ballerine della scuola Danzarea di Mozzo (Bergamo) coinvolti da Bengolea – Francesca Carobbio, Martina Galluzzi, Alessia Morganti, Francesca Opini, Umberto Rota, Virginia Gotti – sono stati invitati a lavorare sul movimento rotatorio e ripetitivo, lo spinning, che reiterando una singola azione attiva uno stato mentale meditativo, generativo e potenzialmente liberatorio. La condizione indotta dalla rotazione ripetitiva del corpo dei performer, infatti, è in grado di attivare energie che possono tradursi in movimenti carichi di spontaneità e vitalità, capaci di interrompere la ripetitività meccanica e lasciare spazio all’improvvisazione.

A questi movimenti si affiancano alcuni repertori tratti dalle Free Dances degli anni Trenta. In particolare, l’artista ha lavorato con i danzatori rifacendosi agli insegnamenti di François Malkovsky, secondo cui era necessario riscoprire il “movimento umano naturale”. Il ballerino e coreografo francese, fra i pionieri della Scuola di Danza Libera di Parigi, si ispirava ai movimenti degli elementi naturali o ai gesti dei bambini per la ricerca del “movimento giusto”, laddove gravità, fluidità del gesto, respirazione, slancio, economia degli sforzi, ne costituivano la nervatura.

Insieme alla coreografia, Bengolea ha curato l’ideazione dei costumi di scena indossati dai danzatori utilizzando steli di canapa e fibre di lino, le cui caratteristiche variano a seconda dello stadio di lavorazione delle fibre stesse. Realizzati in collaborazione con il costumista Alberto Allegretti, essi si ispirano al rituale Theyyam, che si svolge annualmente a Kerala, in India, nella stagione del raccolto, durante il quale i danzatori indossano abiti realizzati con le fibre delle piante di pepe, cardamomo e vaniglia.

I costumi rivestono un ruolo fondamentale all’interno della performance: interpretati come sculture viventi, i ballerini sono invitati a interagire in modo creativo con i costumi che talvolta influiscono sui loro movimenti o ne limitano alcune parti del corpo come la vista o le braccia. Così come il movimento rotatorio continuo, i costumi, nell’interazione con i danzatori, possono potenzialmente dare forma a nuovi gesti e movimenti più liberi e spontanei, ribellandosi all’alienazione indotta dalla ripetitività.

I costumi prendono vita insieme ai ballerini in una forma di animismo materiale evocato dalle parole dalle lavoratrici del Linificio, intervistate dall’artista, che riferiscono di come spesso fossero solite “parlare” con il lino attribuendogli una sorta di volontà. Le voci delle lavoratrici sono integrate nella colonna sonora che accompagna la performance composta dall’artista per l’occasione.

Spontaneità-meccanicità, ripetizione-liberazione, improvvisazione-costrizione, alienazione-ribellione, sono coppie di opposti che permeano ogni elemento della performance: a partire dai movimenti meccanici iniziali dei performer, questa si evolve in coreografie collettive ed elementi del repertorio della Free Dance, integrato con ritmi della house dance, fino a sfociare nel finale, quando i danzatori si liberano in un girotondo giocoso evocando la naturalezza dei gesti dei bambini.

La performance è realizzata nell’ambito della quarta edizione di ON AIR – Argentina-Italia Art Residency, il programma di residenze nato da una collaborazione tra la GAMeC e la Fundación PROA di Buenos Aires, per attivare scambi di esperienze tese alla valorizzazione del potenziale artistico dei due Paesi.


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