Artista, coreografa e ballerina, la cui pratica spazia tra video, scultura e performance, Cecilia Bengolea (Buenos Aires, 1979) ricorre spesso alla danza come mezzo attraverso cui stimolare empatia e incoraggiare lo scambio emotivo.
Nella sua recente ricerca condotta presso il Linificio e Canapificio Nazionale di Villa d’Almè, Bengolea collega l’epoca della Rivoluzione Industriale alla pratica delle Free Dances, danze libere ideate da coreografi noti e meno noti tra le due guerre mondiali, a cui lei spesso ricorre.
Nell’osservare i macchinari che filano il lino, l’artista mette in relazione il movimento rotatorio del lavoro meccanico e quello ripetitivo del lavoro manuale svolto dagli operai con il movimento dei danzatori, concentrati su una singola azione che attiva uno stato mentale meditativo, generativo e potenzialmente liberatorio. La condizione indotta dalla rotazione ripetitiva del corpo dei performer è in grado di attivare energie che possono tradursi in movimenti carichi di spontaneità e vitalità, capaci di interrompere la ripetitività meccanica e lasciare spazio all’improvvisazione.
Per Pensare come una montagna, l’artista ha ideato una nuova performance che presenterà il prossimo 7 giugno negli spazi dell’ex roccatura del Linificio e Canapificio Nazionale di Villa d’Almè. Per la sua realizzazione, Bengolea ha coinvolto un gruppo di giovani ballerini e ballerine della scuola Danzarea di Mozzo (Bergamo), traendo ispirazione dai movimenti rotatori e meccanici dei macchinari un tempo impiegati nei reparti dello stabilimento per la filatura della canapa e del lino, e dalle Free Dances degli anni Trenta.
I tessuti di lino grezzo giocano un ruolo centrale nei costumi di scena indossati dai danzatori, le cui caratteristiche variano a seconda dello stadio di lavorazione del lino e della canapa utilizzati.
Realizzati in collaborazione con il costumista Alberto Allegretti, essi si ispirano al rituale Theyyam, che si svolge annualmente a Kerala, in India, nella stagione del raccolto, durante il quale i danzatori indossano abiti realizzati con le fibre delle piante di pepe, cardamomo e vaniglia.
La coreografia ideata dall’artista si articola in una sequenza che parte da movimenti meccanici per poi evolversi in coreografie collettive ed elementi del repertorio della Free Dance, integrando anche ritmi della house dance. Riflettendo sull’alienazione contemporanea, l’opera stabilisce un parallelo con quella storicamente associata al lavoro durante la Rivoluzione Industriale.
La performance è realizzata nell’ambito della quarta edizione di ON AIR – Argentina-Italia Art Residency, il programma di residenze nato da una collaborazione tra la GAMeC e la Fundación PROA di Buenos Aires, per attivare scambi di esperienze tese alla valorizzazione del potenziale artistico dei due Paesi.