Rivendicare l’opacità: verso ecologie architettoniche erranti, exattative e mostruose Simone Ferracina


Nella sua opera Poetica della relazione, Édouard Glissant contesta la trasparenza imposta da una lingua francese “data in anticipo” e ritenuta fissa e assoluta, sostenendo invece riconfigurazioni e deviazioni dinamiche e contestualizzate che, in regioni francofone come le Antille o La Réunion, potrebbero “destabilizzare il ‘francese standard’” e “offrire a un luogo e alle persone che lo abitano uno strumento per relazionarsi al mondo come una tra entità equivalenti”. In gioco sono sia la “rinuncia […] all’orgoglioso isolamento monolingue” (il privilegiare etnocentrico di una lingua originale e della gamma dei suoi usi) e la volontà “di […] entrare nella penetrabile opacità di un mondo in cui semplicemente si è – o si accetta di essere – con altri e tra loro”. Come Glissant scrive altrove, bisognerebbe “parlare con la consapevolezza che esistono altre lingue al mondo”. In maniera analoga, Timothy Morton descrive l’opacità “non [come] un nulla totale, ma […] come una significatività non per lui”. 

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