Julius von Bismarck Landscape Painting (Mine)

07.06. - 14.09.2025

A Dossena, nel comprensorio minerario più antico della Val Brembana da cui per secoli sono stati estratti materiale ferroso e fluorite, l’artista tedesco Julius von Bismarck (Breisach am Rhein, 1983) realizzerà il suo quinto landscape painting: un dipinto del e nel paesaggio, in cui il gesto pittorico dissolve il confine tra il soggetto ritratto e il supporto su cui è realizzato.

Per il suo intervento l’artista si ispira all’estetica delle incisioni e degli studi di miniera che hanno caratterizzato la ricerca di molti protagonisti della storia dell’arte, da Albrecht Dürer a Caspar David Friedrich, da Paul Cézanne a Paul Klee. In particolare, i riferimenti principali di von Bismarck sono le vedute italiane, le xilografie e le incisioni su rame dei secoli XVIII e XIX, che dovevano rappresentare i paesaggi nel modo più realistico possibile.

Con un approccio diametralmente opposto, l’artista interviene sulle pareti di roccia all’interno della miniera creando un trompe-l’œil “rovesciato”: invece di rendere la tridimensionalità attraverso trucchi prospettici, dipinge linee e tratteggi – tipici delle tecniche incisorie del passato – che trasformano lo scorcio della cava in un’immagine bidimensionale. 

In questo modo, l’artista non rappresenta il paesaggio, ma vi entra fisicamente affrontandone l’imponenza, in un’azione che è insieme misurazione, lotta, conquista e trasformazione. Il segno pittorico, applicato direttamente sulla roccia, diviene così un intervento monumentale che, seppur transitorio, marchia efficacemente l’ambiente: l’immagine pittorica si dissolverà lentamente nel corso degli anni attraverso l’azione degli agenti atmosferici. 

In questo processo, in cui la montagna si dissolve nelle linee nere su fondo bianco del disegno, l’artista decostruisce la storia della pittura di paesaggio con l’intento di esporne le contraddizioni, mostrando come la rappresentazione della natura sia sempre stata filtrata da idealizzazioni e prospettive antropocentriche.

Il suo intervento, in definitiva, intende ricollocare l’essere umano all’interno della natura, concepita quindi non come un’entità pre-umana e “altra”, ma come un costrutto culturale che si modifica attraverso la storia.


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