Il PuntoTogetherness

Qualche tempo fa mi sono trovato a raccontare l’idea di “Pensare come una montagna” a dei vecchi amici. Man mano che parlavo mi rendevo conto di quanto fosse complicato spiegare loro il senso di questo “programma diffuso”, che non è una mostra, non è una biennale, non è un festival, non è un convegno. 

Avevo bisogno di una parola, che non riuscivo a trovare, che potesse raccogliere e sostituire le troppe espressioni che stavo utilizzando per descriverlo: partecipazione, sostenibilità, radicamento, processo, ciclicità, creatività, evoluzione, natura, avventura, temporalità, territorio, comunità… montagna.

Salutai il gruppo con un profondo senso di frustrazione. Ciò che non si può comunicare facilmente non può avere successo, mi ripetevo. 

Da allora, con tutte le persone che portano avanti il programma, abbiamo continuato a coltivare la nostra idea, mettendo meglio a fuoco la nostra visione e affinando il nostro lessico. Abbiamo letto libri, scritto presentazioni e raccontato “Pensare come una montagna” a centinaia di persone. Quella parola che quel giorno mi sarebbe servita, tuttavia, non l’abbiamo ancora trovata.

Qualche settimana fa ho ripensato a un termine inglese utilizzato dalla storica dell’arte Chus Martinez per descrivere la performance Deserters, dell’artista Chiara Bersani: “uno dei lavori più forti che io abbia mai visto sulla vulnerabilità e sull’importanza di creare spazi di “togetherness”, ha scritto in un post.

Chi conosce il lavoro di Chiara Bersani può ben capire il senso di quella parola. “Togetherness” è un sostantivo non direttamente traducibile in italiano. Letteralmente significa “insieme”, ma non nel senso del nostro sostantivo – che in inglese sarebbe “set”, “whole” – bensì in quello del nostro avverbio. In quanto sostantivo, “togetherness” è un termine che “sostanzia” la dimensione dell’“essere insieme”, senza renderla necessariamente una cosa sola, un unico “insieme”.

Che “togetherness” sia la parola che stavamo cercando non posso dire di esserne certo. Anche perché “Pensare come una montagna” è un progetto collettivo e, come tale, si porta dietro le riflessioni e le sensibilità di molti e molte. Si tratta tuttavia di un termine sicuramente migliore di altri per esprimere le intenzioni alla base del programma.  

Nella visione di Aldo Leopold, a cui ci siamo affidati, “Pensare come una montagna” significa assumere una prospettiva “d’insieme” sul mondo e sulla natura, con la sua misteriosa varietà e le sue profonde interconnessioni.

Soltanto la montagna, scrive Leopold, “ha vissuto abbastanza da poter ascoltare – imparziale – l’ululato di un lupo”. Soltanto la montagna, in altre parole – con la sua altezza, la sua estensione, la sua età – può aiutarci a cogliere il senso ultimo del nostro vivere insieme, offrendoci la possibilità di percorrere nuovi sentieri, di seguire nuove traiettorie interspecie, di partire per nuove avventure “più che umane” – come direbbe l’antropologa Anna Tsing – e ritrovare noi stessi. 

Buon viaggio!

Lorenzo Giusti

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