Abraham Cruzvillegas An unstable and precarious self-portrait munching some traditional Fritos, sipping a couple of caballitos of Casa Dragones, after a busy journey with some dear friends, listening at the same time to the ‘Clair de lune’, performed by Menahem Pressler, and ‘Folie à Deux’, by Stefani Joanne Angelina Germanotta

04.10.2025 - 18.01.2026

L’artista Abraham Cruzvillegas (Città del Messico, 1968) presenta un nuovo intervento site-specific nel cuore dell’area industriale di Dalmine: un’opera che si sviluppa come un gesto collettivo e relazionale, realizzato in collaborazione con la Fondazione Dalmine, il Comune e tre cooperative sociali che operano sul territorio (Il Sogno, La Solidarietà e Oasi Il Picchio Verde), utilizzando materiali di scarto e oggetti quotidiani provenienti dal contesto industriale di TenarisDalmine e dalle realtà agricole della zona.

La scultura, installata nel parco della Fondazione Dalmine, non è che il punto di arrivo di un processo che valorizza la partecipazione, l’improvvisazione, l’imprevisto, l’errore, l’instabilità quali strumenti che guidano la riflessione di Cruzvillegas. Muovendosi nel solco della sua ormai nota pratica dell’“autoconstrucción”, un approccio che prende ispirazione dai processi spontanei e informali di costruzione abitativa nelle periferie di Città del Messico, dove è cresciuto, l’artista ha adattato la propria metodologia alla specificità del luogo, scegliendo, per la sua composizione, elementi impregnati di stratificazioni culturali e territoriali, con riferimenti alla storia economica di Dalmine, ai suoi paesaggi naturali, alla fauna e alla flora, all’ingegneria, al lavoro e alla solidarietà.

Il verde ultra-opaco e il rosa iper-lucido scelti per dipingere le tre carriole che svettano su altrettanti tubi d’acciaio come bandiere improvvisate, sono colori ricorrenti nel lavoro di Abraham Cruzvillegas sin dal 2004, quando l’artista visitò la scuola di samba Mangueira, situata nell’omonima favela di Rio de Janeiro, un luogo profondamente legato alla figura di Hélio Oiticica, che lì era solito danzare e per cui concepì i celebri Parangolé. In quell’occasione – che Cruzvillegas definisce come un vero e proprio pellegrinaggio artistico – nasce l’adozione di questa combinazione cromatica, un richiamo alla comunità di Mangueira e all’eredità di Oiticica.

Applicando i due colori in modo speculare – ciascuno dei quali occupa metà della superficie –, l’artista crea inoltre un contrasto orizzontale che divide gli elementi della scultura a metà, come se fossero attraversati da una sorta di “linea d’orizzonte” visiva.

L’opera, come accade spesso nei lavori dell’artista, rifiuta un significato univoco o una lettura didascalica. Piuttosto, si propone come un dispositivo aperto all’interpretazione, capace di evocare immagini differenti a seconda dello sguardo di chi osserva. Le carriole possono essere viste come strumenti del lavoro agricolo o simboli di fatica operaia; le aste metalliche possono suggerire infrastrutture industriali o totem rituali. In ogni caso, l’opera invita a ripensare le nostre categorie interpretative, a osservare il territorio con occhi nuovi, a rinegoziare i concetti ambigui e mutevoli di ciò che chiamiamo “progresso”, nonché a riflettere sulla nostra relazione con l’ambiente e la storia.

Il titolo stesso, An unstable and precarious self-portrait munching some traditional Fritos, sipping a couple of caballitos of Casa Dragones, after a busy journey with some dear friends, listening at the same time to the ‘Clair de lune’, performed by Menahem Pressler, and ‘Folie à Deux’, by Stefani Joanne Angelina Germanotta, non definisce l’opera, ma, esattamente come l’assemblaggio di elementi apparentemente dissonanti che configura la scultura, allude alla mescolanza di esperienze individuali e collettive, memorie personali e riferimenti culturali globali, che convivono senza gerarchie, in una composizione aperta e polisemica.

In occasione della giornata inaugurale, il musicista e performer Dudù Kouate ha attivato, attraverso il suono, la scultura e alcune carriole utilizzate nel lavoro quotidiano dai membri delle Cooperative che hanno partecipato al progetto. La performance, nata da un dialogo fra Dudù Kouate e Abraham Cruzvillegas, racconta del processo creativo e della scultura attraverso suoni e musica.


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