Non ero mai stato a Bergamo prima di cercare, tra le sue valli, le terre per le sfere di Corridori Lenti.
Ho iniziato a studiare il territorio, la sua storia geologica, la morfologia del suo corpo, e a immaginare il mio itinerario.
La scelta del percorso diventa così una prima interpretazione del paesaggio, determinando in modo inaspettato la diversità di relazioni che incontreremo e le nuove che creeremo. Se le mete appagano i nostri immaginari, tanto desiderati e ambiti, i percorsi tra le mete sorprendono, permettono di aprirsi a nuove conoscenze inattese tra umani e non-umani.
Attraverso modalità differenti, ogni passaggio lascia un’impronta di incontri, tanto nelle città così come nei boschi meno antropizzati. Quanto i flussi in una determinata area modificano la forma del paesaggio che viviamo? [1]
Siamo abituati a pensare la natura al di fuori delle città, come separata, ma ciò non è vero. Se non notiamo le impronte dei coabitanti attorno a noi, è perché la nostra traccia è talmente invasiva da non lasciare spazio, se non programmato, ad altre specie. Tuttavia, esistono eccezioni.
In urbanistica “desire lines” è il termine utilizzato per identificare i percorsi non programmati, indesiderati, che si creano per il passaggio di persone in aree urbane. Le “desire lines” sono simili ai sentieri poco curati nei boschi ma, a differenza di quest’ultimi, percepiti come rassicuranti, sono viste come un errore fastidioso, una virgola in un sistema organizzato esclusivamente per l’uomo, che raramente si ricorda di coabitare con altri vicini. [2]
Linee disobbedienti, dunque, che divengono luoghi d’incontro con l’incolto, con quei ritagli di terra nascosti che danno rifugio a piante, animali, insetti, a una mescolanza non programmata.
Le “desire lines” sono i primi luoghi che ci insegnano a uscire dai sentieri predefiniti, per scoprire le parentele che si instaurano nell’incolto, e riflettere sui percorsi di vita che si sovrappongono attorno a noi. [3]
Spesso su percorsi in montagna mi viene voglia di rallentare, di uscire dai sentieri tracciati per poi rientrarvi, e riuscirvi ancora. Provo a scorgere i segni delle relazioni intorno a me: come la forma insolita del tronco di un albero, forse schiacciato in giovane età dal passaggio di un animale, o piegato dal vento; o come le radici di un altro inglobino una pietra, affidando tutto il loro peso ad essa. E tale pietra è pronta a sorreggerlo nonostante, inverno dopo inverno, la sua superficie si incrini sempre più, aprendo nuove insenature a muschi verde scuro.
A volte mi capita di vedere forme o figure in pietre, alberi, nuvole che con creatività animano, nella mia immaginazione, la foresta. Scorgo la base di un albero che pare una casa, con porte e finestre, e penso alla curiosità che avrebbe provato il barone rampante di Italo Calvino [4] – che per vedere il mondo da nuove prospettive scelse le chiome degli alberi come casa – a scoprire un nuovo vicino di cui nulla sapeva. Chi potrebbero essere i suoi abitanti? Un piccolo roditore come in Alice nel paese delle meraviglie, oppure un’enorme città di formiche? O ancora, un coloratissimo lichene, o un giovane porcino.
La creatività porta ad avvicinarsi e conoscere, a scoprire relazioni che non ci saremmo mai aspettati. Diventa quindi determinante scegliere con cura il modo in cui interagiamo con l’altro, senza ostacolare la rete di scambi che ci circonda.
Un esempio che illustra la necessità di biodiversità e di scambio tra specie – un fragile equilibrio – è quello della farfalla monarca, sempre più vicina all’estinzione a causa del cambiamento climatico e della difficoltà nel reperire la pianta di cui si ciba: l’asclepiade. [5]
Grazie alla coltivazione di questa pianta, si è scoperto che il bruco della farfalla necessita della presenza di altri insetti, spesso considerati dannosi: gli afidi. Questi piccoli insetti infestanti, detestati da ogni coltivatore, si rivelano invece preziosi per le larve della farfalla monarca che, se condividono con loro le asclepiadi, hanno maggiore probabilità di completare la metamorfosi e diventare farfalle.
Similmente, altre specie hanno instaurato collaborazioni invisibili con batteri per sviluppare strategie uniche. Alcuni polpi, infatti, utilizzano un batterio chiamato Vibrio Fischeri per emulare i riflessi della luna e rendersi fosforescenti come forma di difesa. Senza questi microscopici alleati i polpi rimarrebbero disarmati e vulnerabili. [6]
Un esempio ancora più vicino a noi è quello dei funghi, alcuni dei quali, spesso i più prelibati (come finferli, porcini, tartufi), sono il frutto dell’interazione tra un particolare micelio e uno specifico albero. [7]
Ogni autunno ci avventuriamo in montagna per raccogliere funghi, distinguiamo i velenosi dagli edibili come ci è stato insegnato dai nostri avi, e le nostre tavole si riempiono di piatti secondo ricette tramandate di generazione in generazione. Così assaporiamo il gusto degli incontri in piatti che parlano di umani e non umani. Scopriamo, in piaceri culinari, relazioni sorprendenti. Più poniamo attenzione al mondo attorno a noi, più scopriamo nuove modalità di convivenza e interscambio.





Ho raccolto le terre di Corridori Lenti in diversi luoghi nei dintorni di Bergamo, seguendo criteri ogni volta mutevoli. In alcuni casi, concentrandomi sul suolo, ho incontrato casualmente macchie di terra dal colore particolarmente acceso, o molto più tenue del solito. Molto spesso, quando non si conosce la zona, si prova a sondare il terreno, a scavare qua e là. Altre volte invece è l’entusiasmo a portare a un incontro inaspettato.
Un albero particolarmente maestoso mi invita ad avvicinarmi, e mentre raccolgo e lavoro la terra sotto di lui ripenso a quel luogo, alle relazioni che animano e modificano i segni del paesaggio, insiti nella terra. Vicino a un punto panoramico tra i promontori del Parco dei Colli di Bergamo mi sono imbattuto in una composizione di sette o otto montagnette di terra disposte come le stelle dell’Orsa Maggiore, quasi come se, proprio lì dove meglio si vedeva l’orizzonte, l’ombra della costellazione fosse scesa a posarsi sul suolo. Ho raccolto facilmente la terra già smossa dalle talpe, sorridendo al pensiero di quella talpa: chissà se si sarebbe mai aspettata di essere co-autrice di un’opera d’arte.
Reportage di Umberto Pellini
[1] Perazzi, Antonio. I giardini invisibili. Un manifesto botanico, Utet, 2022.
[2] Dalmasso, Anna Caterina. “Urban space and the luck of the path”, Dune vol. 003 n.001, Shortcuts Flash Art, 2022.
[3] Favole, Adriano. La via selvatica: storie di umani e non umani, Editori Laterza, 2024.
[4] Calvino, Italo. Il barone rampante, Mondadori, 2023.
[5] Haraway, Donna. Chtulucene Sopravvivere su un pianeta infetto, Nero Editions, 2019.
[6] Ibidem.
[7] Tsing, Anna Lowenhaupt, Il fungo alla fine del mondo. La possibilità di vivere nelle rovine del capitalismo, Keller, 2021.